Quelle che se non sei stanca non sei mamma per davvero.
E se non sei mamma non sai cosa significa esser stanca per davvero.
Un concetto così atratto e così banale che ne rende quasi affascinante quello delle mezze stagioni che non ci sono più.
Per me la stanchezza è altro. Per me stanchezza è per esempio la fine della settimanadellamoda. Ma non quella sfigatina di adesso eh. Quella di 10 anni fa. Quella che durava almeno 10 giorni belli pieni. Quella che ti dava l’idea di partire in viaggio. Quella per la quale prima salutavi amici e parenti e ti veniva pure da mandare loro una cartonina “Baci dal posto standing” (ma poi quanto mi mancano le cartoline???)
Quelle che finivano con quella sfilata nel retro di un ristorante milanese. Quella per la quale, per accedere al proprio posto bisognava prima slalommare tra i tavoli di una normale cena di sabato sera. Quelle che si finiva per addormentarsi sfiniti sulle panche dello show di quel designer giappo-cinese (e chi lo sa?) un po’ emergente un po’ no, ri-affogato nell’oblio tre anni dopo.
Stanchezza non è un figlio. Stanchezza è altro.
Al momento in cui vi scrivo, sono le 22.20 e ho deciso di andare a letto (che poi per me quell’ora equivale a quella delle galline) causa caldo e nausea.
Che poi a questo punto ne approfitto: qualcuna ha la vaga idea del perché al sesto mese di gravidanza ci si possa svegliare al mattino con una nausea da, tipo, post sbornia, senza aver la sera prima (e nemmeno quelle precedenti) chiaramente e ovviamente bevuto?
Cioè… un aspetto positivo c’era del non bere. Ora manco quello?
Passo e chiudo.
Continuo. Al momento in cui vi scrivo ho scelto di fare l’esperimento del andare a letto presto. Poussinou però, proprio oggi, ha deciso che fosse il giorno giusto per fare serata. Cantando canzoni inventate del suo repertorio, nonché una cover di Let It Go di Frozen, tra l’altro mica male.
Ora. Le mamme stanche starebbero in piedi a cercare di calmare le acque, aspettando che la piccola canterina crolli. Ma chi sono io, penso, per frenare l’arte?
Me la vedo già durante una sua futura intervista confidando al giornalista di turno che la sua dote artistica fosse stata uccisa sul nascere proprio dalla madre repressa (e depressa aggiungerebbe… tanto per far rima).
Ho deciso. Lascio andare. Tanto prima o poi crollerà e si addormenterà no?
Aggiornamento. Ore 00.12: “mammaaaaaaaa” – “mmmmhh??” – “io voglio l’acqua”
Mi trascino in camera sue e le do la sua borraccia della notte.
“Mamma non è mica fresca quest’acqua. Io voglio l’acqua FRESCA! Lo sai!”
Vai di frigo e torni
“Hai visto? Ho preso con me TUTTI i miei amici (peluche ndr.) nel letto!”
Ancora devo capire piuttosto come mai i bambini non sentono poi tutto questo caldo. Come è possibile dormire con venti e passa peluche attorno a sé, con trenta gradi circa?
“Mamma perché ognuno di loro non può avere un bicchiere?”
“Perché sono peluche”
“Ah. Dici che il mio cuginetto invece ce l’ha il bicchiere della notte?”
“Sì”
“E la mia amica C. ?”
“Sì ne sono certa”
“E la bambina dei vicini, quella mia amica?”
“Sì pure lei”
“I nonni?”
“Buonanotte dai”
Non avrò rispettato la mia tabella di marcia. Forse domani un pochino sarò stanca?
Forse. Ma che ridere però.
Aggiornamento n° 2: ore 01.00 e qualcosa: sbarco del Poussinou in camera nostra.
“Mamma voglio dormire!”
Ah… pure io
La prendo con noi.
10 minuti dopo: “mamma lo senti quel rumore? secondo te è un aereo o un elicottero?”
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