Noi siamo quelli del “ancora non si sa“. Mentre alcuni hanno già prenotato volo e family hotel a febbraio, noi una sera di metà luglio ci mettiamo a tavolino (cioè proprio nel senso che ci sediamo attorno al tavolino) e scegliamo dove andare.
Pensavo che diventando genitori le cose sarebbero cambiate. Che ci sarebbe voluto rigore e ORGANIZZAZIONE (sì, proprio scritto con lettere cubitali). Invece nulla è cambiato. L’incertezza delle ferie ancora la fa da padrona a casa nostra. Il poco tempo a disposizione causa lavoro, pure.
Certo, con un pancione di 7 sette mesi inoltrati si dimezza la lista. Poco male. E se ne aprofittiamo per fare il giro dei parenti?
Esaltante avrà pensato Lui.
Poi una mattina mi imbatto in una foto. La foto, mandata da un ufficio stampa, riguardo alla collaborazione tra due marchi della mia infanzia.
In un solo scatto c’è tutto. Righe marinières, k-way, spiaggia, sabbia fine. Quei bimbi mano nella mano vestiti con un impermeabile chiuso fino al collo in spiaggia, che corrono e giocano felici sotto un cielo incerto.
E in un solo secondo rivedo tutta la mia infanzia passarmi davanti agli occhi. L’oceano, l’Atlantico. Quel profumo di iodio. Le conchiglie sulla spiaggia. Le cozze con le patatine fritte. I “chichis”, ossia quei bastoncini di frittelle con i granelli di zucchero per fare merenda in spiaggia. Le maree. Quelle che ti bagnavano pure l’asciugamano se ti addormentavi in spiaggia di pomeriggio. Le nuvole. Il vento. Il tempo sempre incerto. La colpa della marea (sempre). Le partite di carte con una tisana dentro alla roulotte. Le crêpes alla sera con burro e zucchero. la baguette calda del mattino con burro salato. Il faro. Quel faro.
Phare de Chassiron – Île d’Oléron
Così ho deciso nel giro di pochi secondi.
Voglio tornarci. Ora. Il tempo? Dopo i 40 gradi sofferti a Milano sono pronta a sfidare pioggia, vento, e chi più ne ha più ne metta.
Una prima tappa in Costa Azzurra. Dove quest’anno, pare è stata lanciata la tendenza della borsa firata e delle zeppe in spiaggia (sì, su quelle spiagge con i sassi). Noi per distinguerci abbiamo optato per un borsone a righe e i famosi sandali ranocchietto in plastica. Più trendy muori.
Una buona decina di ore di macchina più tardi (petit frère è già un veterano dei lunghi viaggi in macchina), eccoci.
Aria. Un po’ troppa forse. Almeno per Lui che non è abituato. Ma forse anche per me che dopo una segnalazione di alletra meteo per venti violenti ho avuto la brillante idea di proporre: “vabbè niente spiaggia… andiamo al faro?”
Ideona.
15 anni dopo nulla è cambiato. Forse la mia percezione degli spazi. Quelle città che vedevo quasi come metropoli, ma che in realtà si sono rivelate tutte minuscole.
Quest’estate abbiamo scambiato il kaftano con il k-way, il bikini con la marinière.
Abbiamo indossato, visto, vissuto righe, righe e ancora righe.
Abbiamo sfidato il tempo, l’allerta meteorologica, il vento.
Abbiamo sfidato persino la noia, o quantomeno la possibilità di annoiarci.
Abbiamo sfidato l’idea di una vacanza senza internet e con wi-fi scarseggiante.
Ed è stato bellissimo.
Bellissimo tornare sulla stessa spiaggia della mia infanzia, 15 anni, e un figlio e mezzo (vabbè tre quarti) dopo. Ritrovare gli stessi profumi. Gli stessi identici luoghi. La stessa atmosfera.
Questo è l’effetto che ha su di me la gravidanza. Un desiderio di rivivere tutta la mia vita, ricaricare le batterie, ritrovare le sensazioni dell’infanzia e condividerle con quelli che amo di più al mondo.
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