La mia prima volta a Teatro non me la ricordo nemmeno. Era tanto tempo fa (passati i 30 non si fa più il conto di quanti anni siano passati ma si rimane sempre SEMPRE sul vago…) sicuramente con la scuola.
Il Teatro ha un qualcosa di particolare. Di magico. Un’atmosfera singolare e quasi d’altri tempi.
Con il Teatro ti senti più vicini agli attori. Potresti quasi parlargli. Anzì. Ti viene quasi da rispondere alle battute. Qualche volta lo fai.
A Teatro non c’è quel fastidioso rumore dei popcorn. Anzì pop corn e coca -cola non ci sono nemmeno.
Al cinema vai così, con gli amici, magari per occupare una serata libera, per riempire un noioso pomeriggio, per vedere al volo l’ultimo film uscito.
Per il Teatro invece ci si prepara. Ci si veste in un certo modo. Anche se in fin dei conti, non ce n’è nemmeno bisogno.
Per andare a Teatro ci si può sfoggiare un abito nero. Un filo di perle. Un cappellino elegante. Un blazer da smoking. Un bel rossetto rosso.
A Teatro d’inverno ci si può pure azzardare una stola di pelliccia. Non sarebbe manco strano.
A Teatro quando arrivi, vieni meravigliato dagli interni, da quel tocco che oramai i grandi cinema hanno perso. Dal personale con divise rosse che staccano i biglietti. Dalla sala con i tavolini, dal bar d’altri tempi dove sorseggiare un tè prima dello spettacolo. Dalla grande macchina da caffè tutta d’acciaio. Dalle tende di velluto. Le poltrone di velluto. I numeri incisi sul legno. I lampadari un po’ art déco.
Noi si è scelto un orario strategico. 15.30. Con un pubblico giovane insomma.
Passati i primi 10 minuti a cercare di zittire la combricola alle nostre spalle, cala la luce, e inizia lo spettacolo.
“Servo per due” con Pierfrancesco Favino, tratto da “Il servitore di due padroni” di Carlo Goldoni. Un adattamento “inglese” scritto tre anni fa da Richard Bean, tradotto e adattato da Pierfrancesco Favino, Paolo Sassanelli, Marit Nissen e Simonetta Solder.
Tre ore di puro piacere e sane risate. Accompagnate dalla musica dal vivo dell’orchestra Musica da Ripostiglio.
Molte sono le interazioni con il pubblico, tante le risate, in sala ovviamente ma pure sul palco. Le situazioni comiche si sussegono piacevolmente senza dimenticare l’effetto “sorpresa” che lascia il pubblico spesso a bocca aperta.
Tre ore di puro divertimento che volano via in un attimo.
Ed è quando finalmente si va a Teatro, che ci si rende conto di quanto sia piacevole. Piacevole quella relazione privilegiata con gli attori. Quel senso quasi di “appartenenza” allo spettacolo.
Pierfrancesco Favino è straordinario sul palco, così come tutta la troupe del gruppo Danny Rose.
Il Teatro è fisico, il Teatro è un dono di sé. E’ amore per il proprio lavoro, ed è generosità.
E ieri al Teatro Manzoni, abbiamo proprio sentito tutto questo.
“Servo per Due” è al Teatro Manzoni fino al 31 Dicembre.
Fatevi un bel regalo di Natale… e fidatevi di me. Non vederlo sarebbe un peccato.
Ah… andateci anche solo per sentire Pierfrancesco Favino cantare Gigi D’Alessio. Sì sì. Giuro.
Sì…. ho anche potuto “fare la groupie”…!
ph. credit: TeatroManzoni.it e Facebook pagina ufficiale
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