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La mia prima volta in USA

  • 15 Dicembre 2014
  • By elise
  • 2 Comments
La mia prima volta in USA

Sono tante le prime volte.

Il primo versetto. Il primo bagnetto. La prima uscita verso casa. Il primo Natale. Le prime vacanze. La prima volta al mare.

Il primo viaggio vero.

Il primo aereo.

Il primo viaggio TRANSATLANTICO. Il primo volo INTERNAZIONALE.

Oh mio dio.

Mi ci è voluto un sacco a metabolizzare la (bella eh) notizia.

Per dire. Per il nostro primo grande viaggio in treno Milano – Parigi sono stata male una giornata intera. La notte prima non ho dormito, Durante l’intero viaggio non mi sono alzata manco una volta. Nemmeno per andare in bagno. Tanto non ho bevuto un goccio d’acqua, alle prese con una nausa fulminante manco una donna gravida durante i tre primi mesi. Pure la solita febbre sul labbro, quella delle grandi occasioni, quello degli stress estremi mi ha fatto compagnia.

Ora.

Non sto manco a spiegarvi come ho vissuto gli ultimi giorni prima della partenza.

Il giorno G siamo arrivate sane e salve all’aeroporto. Io lei, e una montagna di bagagli. Ehm eh vabbè andavamo dall’altra parte del mondo. Mica potevo portare due robine no? (avrei però potuto evitare le cinque marinières, cinque, praticamente TUTTE uguali).

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Una volta passati i “metal detector”, una volta superta il dramma di “Poussinou… mi spiace… Monsieur Patate deve passare allo scanner”… ci siamo “Crucianizzate”. Un po’ perchè è un nostro rituale, un po’ (tanto) per scaramanzia, e un po’ perchè non-si-sa-mai-cosa-può-succedere-almeno-avrò-fatto-shopping-un’-ultima-volta.

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Decollo. La mamma ispira-espira-ispira-espira-ispira-espira (molto meglio di quanto avrei dovuto saperlo fare durante il travaglio tra l’altro). Poussinou: …  No niente non ha detto assolutamente nulla. Troppo presa con i suoi libri si è accontentata di un “uuh” al momento in cui l’aereo ha lasciato la terra ferma.

 

Ansiosa (ma va?) di come avremmo passato queste sei ore di volo, mi sono portata l’impossibile. Una decina di libri (sì sì…), un quaderno da colorare, l’iPad, una bambola, due mini Pony, un peluche di Minnie, e una mini clinica portatile della Dottoressa Peluche (con pezzi minuscoli che in tempo record sono andati sparsi sui sedili nonché a terra nell’aereo… IDEONA).

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Lei ha passato l’intero tempo a guardare i cartoni disponibili sul suo mio monitor, costringendomi a guardare Frozen ben cinque volte in tutte le lingue disponibili.

I pasti: ecco. Ecco la tragedia. Arriva una sorridente hostess con un viso a metà strada tra una pubblicità anni ’50 e una statua di cera, con “A pizza Miss?” – ed ecco Poussinou che risponde: “ehm no quetta  NOn è Pizza! NON è PIZZA!”.  Chiamateci il Direttore! Chi Diavolo è lo Chef????

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Tra i cartoni, le pause per mangiucchiare qualcosa, e una piccola sana dormita durata un paio di ore, queste lunghe ore sono in realtà volate. Quindi sì, si può fare. Viaggiare lontano con i bambini è possibile.

Ed è perfino divertente.

Arrivati a New York abbiamo poi dovuto prendere la nostra coincidenza fino a Columbus Ohio. Appena salite nel (piccolo) aereo: “Mamma…. ma dov’è la TV????” “Dove è il ristorante???”.

La prossima volta Jet Privé please.

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Siete curiosi di conoscere il seguito della nostra avventura americana? Il “prossimo capitolo” prossimamente su questi schermi 😀

By elise, 15 Dicembre 2014
  • 2
L'ultimo bagno
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